giovedì 19 luglio 2012

Arani



Da un mese ormai, in Bolivia è iniziato l'inverno. Un clima diverso da quello a cui siamo abituati in Europa. Molto freddo la notte, temperature miti durante il giorno, tanto da uscire con giaccha e pile alle 8 e ritrovarsi quasi in maniche corte alle 13. La scorsa settimana, ha piovuto, evento raro in questo periodo dell'anno, e Cochabamba si è svegliata con le montagne che la circondano, innevate. È stato un risveglio con un atmosfera speciale, per tutta la città. La gente ammirava los cerros imbiancati, l'aria era fresca e nettamente più pulita. Quella stessa mattina ho accompagnato una mia collega di lavoro ad Arani, piccolo paesino a 56 km da Cochabamba.

Due venerdì ad Arani:

Saliamo in macchina alle 8, partiamo dall'IFFI attraversando la città, dirigendoci verso Sud. Percorriamo la strada costeggiando la Cancha che alle 8:15 è già un brulicare di persone, donne e uomini che vendono cibo ai lati della strada; fiori; giornali... I clacson risuonano nella strada, i trufi, i micro e i taxi cercano di avanzare nella marea di auto e persone che occupano la strada. Dopo pochi chilometri il caos comincia a diradarsi. Lasciamo la città, sui bordi delle colline si arrampicano decine di piccole casette costruite con mattoni di argilla, i loro tetti di lamiera luccicano al sole; qualche chilometro dopo appaiono grandi ville, in contrasto con le case della periferia di Cochabamba; la mia collega mi spiega che sono state costruite con i soldi delle rimesse dei boliviani emigrati all'estero.

La strada attraversa la bellissima campagna cochabambina, i colori della natura sono meno accesi a causa della mancanza di piogge ma i colori della Bolivia, il rosso della terra, il giallo dell'erba bruciata dal sole e il verde degli alberi, brillano alla luce del sole.

Arriviamo ad Arani, piccola cittadina, ci fermiamo al mercato a bere un Api, tipica bevanda dell'altipiano andino preparata con mais e cannella. Attraversiamo di nuovo il paese, lasciandocelo alle spalle, per salire verso Vacas, paese situato a 30 km da Arani. Passiamo accanto a varie case, quasi tutte hanno un forno costruito all'esterno per cuocere il tipico pane diventato molto famoso nella zona. Salendo lungo la collina la mia collega mi dice "guarda Anna, quello là in basso è l'elefante addormentato", guardo nella direzione in cui mi sta indicando ed effettivamente ci sono tre colline poste una accanto all'altra che danno vita ad un enorme elefante addormentato accanto ad Arani. La mancanza di acqua che caratterizza questa regione si nota sempre di più; mentre saliamo verso i 3400 m/s.l.m, la terra si fa sempre più arida e il freddo più pungente, nonostante il sole accecante.

Ci fermiamo alla periferia di Vacas per parlare con alcune delle famiglie che da più di un anno sono parte di un progetto a cui collabora anche l'IFFI. Nella regione il 75% delle famiglie è impagnata nell'agricoltura e nell'allevamento. Il progetto vuole contribuire all'empowerment delle donne della zona e alla diversificazione della produzione e della commercializzazione dei prodotti, promuovendo la generazione di reddito attraverso piccole iniziative, migliorando il settore lattiero-caseario e promuovendo la vendita dei prodotti nei mercati locali. Nell'ambito del progetto, che intende anche dare una risposta ai problemi nutrizionali delle persone della zona, soprattutto dei bambini, lavorando sulla sicurezza alimentare, è stato creato un fondo rotatorio per l'acquisto di mucche e vari laboratori sui diritti delle donne, lo sviluppo sostenibile e la cura dell'ambiente, così come un laboratorio di formazione sulle vaccinazioni e la cura delle mucche, organizzato con l'aiuto di un veterinario. 

Parliamo con le donne che stanno partecipando al progetto, quasi tutte parlano in Quechua, poche in spagnolo, io le osservo cercando di capire i loro stati d'animo, mentre una bambina gioca col cappello della mamma senza smettere di fissarmi e accennando piccoli sorrisi. Tutte sono soddisfatte di quello che hanno appreso attraverso i laboratori, e soprattutto dell'aumento della produzione e del miglioramento della qualità del latte con relativo miglioramento economico. 

Dopo aver raccolto le interviste delle prime 7 donne, torniamo ad Arani, attraversiamo il paese e ci fermiamo a parlare con altre signore. Tutte felici di vederci, e di raccontare al registratore la loro esperienza all'interno del progetto. Prima di tornare verso Cochabamba avvisiamo tutte che il venerdì seguente avverrà una piccola cerimonia per distribuire i certificati alle signore che hanno partecipato al laboratorio sulla vaccinazione e cura delle mucche.

Il venerdì successivo torniamo ad Arani. Le signore ci accolgono sorridenti ed entusiaste. Iniziamo la cerimonia di consegna dei certificati. Ci sono tutte le donne che hanno partecipato al laboratorio con il veterinario, accompagnate dalle loro famiglie. Ognuna delle partecipanti riceve anche una borsa contente il necessario per continuare a vaccinare le mucche. 

Rientrando a Cochabamba, dopo un pranzo condiviso con le famiglie, ripenso alle parole della ragazza seduta accanto a me durante il pranzo: studia economia all'università di Cochabamba, la sua famiglia ha partecipato al progetto, mi racconta che grazie al progetto la produzione del latte è migliorata, le mucche sono più forti e in salute, e anche gli altri laboratori organizzati nel corso dell'anno, le sono stati molto utili. 

Il sole è basso nel cielo, la neve sui Cerros, una settimana dopo la nevicata, si è ormai quasi dissolta, l'aria si è fatta di nuovo più pesante, da lontano riappaiono la foschia e le nuvole di smog, la terra è secca, l'aria pure, le auto diventano sempre più numerose e rumorose, il brulicare di persone nella strada si fa sempre più denso, ci lasciamo alle spalle la splendida natura della campagna, facendoci accogliere da Cochabamba, caotica e intensa come l'avevamo lasciata, e già ne sentivo la mancanza...


lunedì 18 giugno 2012

Album di Bolivia Querida

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Sucre e Potosí

il mio primo mese all'IFFI

Le prime esperienze fanno parte della vita ma, in questo contesto tutto quello che succede viene automatico analizzato più a fondo.
Mi ricordo indistintamente il primo giorno a Cochabamba, la prima cena con la famiglia, il primo viaggio in trufi, il primo giorno alla cancha, il primo assaggio di anticucho, il primo sorso di chicha, il primo giorno di lavoro, le prime punture di zancudo e purtroppo anche la prima volta in cui il mio stomaco si è rivoltato con tutte le sue forze contro la cena, ma a quanto pare questo è un primo passo verso la fine del "rodaggio" in questa nuova esperienza.

Allo stesso modo, a proposito di prime esperienze, è finito il mio primo mese di stage. (Mi sono accorta che tutto quello che avrei voluto scrivere renderebbe questo post troppo articolato e pieno di informazioni, quindi mi sono ripormessa di scrivere più spesso per non creare troppa confusione).

Sto facendo uno stage presso l'IFFI, un'Organizzazione non Governativa che si occupa della promozione dei diritti delle donne e che intende promuovere la loro partecipazione attiva all'interno della società e delle aree del processo decisionale, in modo da influenzare le politiche pubbliche e trasformare i rapporti di potere e di subordinazione esistenti nella società. L'IFFI mira alla costruzione di una società democratica, giusta, equa ed egualitaria in termini di diritti e opportunità, in cui le donne possano esercitare una cittadinanza piena e partecipare, al pari degli uomini, alla realizzazione di condizioni di sviluppo rispettose della diversità etnica, di genere e socioculturale.

Durante questo primo mese all'IFFI ho avuto la possibilità di conoscere più da vicino quelle che saranno le mie colleghe per un anno, e le campagne ed i progetti che sono stati portati avanti dall'associazione nel corso degli anni. All'IFFI lavorano principalmente donne, nell'ufficio ci sono solo 4 uomini. L'ambiente è molto stimolante e attivo, dandomi l'opportunità di imparare molto. Anche dal punto di vista delle relazioni umane, gli scambi che si creano tra colleghe/i e tra le persone che incontriamo attraverso le attività, sono molto arricchenti.

Le campagne e i progetti sviluppati dall'IFFI nel corso degli anni mi hanno colpito molto e mi hanno dato lo stimolo per riflettere e per fare un confronto, che penso sia automatico, con la realtà europea a cui sono abituata.

Tra le tante, le due campagne che hanno attirato di più la mia attenzione sono: la campagna a cui sto collaborando, dedicata alla valorizzazione del lavoro domestico e alla corresponsabilità dei ruoli in ambito familiare, e la campagna per una comunicazione con equità, portata avanti da 4 anni, dove vengono consegnati premi alle aziende che diffondono una comunicazione equa che promuove cambiamenti positivi nelle relazioni di genere (il "premio libellula") e "ammonimenti" (con l'"antipremio scarafaggio") a quelle che diffondono e rafforzano, attraverso i media, idee e valori patriarcali che bloccano e rendono più complicato il raggiungimento di una comunicazione improntata all'equità e alla responsabilità sociale.

Leggendo gli esempi di pubblicità ammoniti e premiati tra quelli selezionati dall'IFFI mi sono resa conto di quando anche la nostra società sia ancora lontana da una comunicazione senza stereotipi. Le pubblicità ammonite sono principlamente spot televisivi (ma anche annunci sui giornali, alla radio, cartelloni in strada ecc.) con messaggi che rafforzano stereotipi e dove la mascolinità patriarcale continua ad essere il referente maggioritario e la reificazione e banalizzazione del corpo femminile, così come il suo sfruttamento, rimangono presenti in diversi modi e con molta forza.

Pensate a quanto, ancora troppo spesso, i messaggi tramsessi attraverso i media in Europa, rafforzino stereotipi di genere: quando si pubblicizza un prodotto per la casa o per la cura dei figli quasi sempre è la donna ad essere la protagonista, rafforzando ruoli sessisti, mentre se si pubblicizza una bevanda alcolica, o prodotti utilizzati in maggioranza dagli uomini, i destinatari sono gli uomini e il corpo della donna viene utilizzato come oggetto per attirare l'attenzione, trasmettendo canoni di bellezza che non corrispondono alla realtà.

I messaggi trasmessi dalle aziende attraverso i media si rispecchiano con forza all'interno della società, alimentando pratiche e stereotipi. Molte campagne restano incentrate sulla donna come oggetto di piacere maschile e rafforzano l'idea della proprietà dell'uomo sulla donna, alimentando un'attitudine macista e di sottomissione che giustifica, molte volte, azioni di violenza sessuale.

La campagna sulla valorizzazione del lavoro domestico si concetra principlamente in eventi svolti con le donne imprenditrici appoggiate dall'IFFI, e le loro famiglie. Gli eventi hanno come obiettivo quello di raccogliere dati sul grado di sensibilizzazione delle persone rispetto a questo tema, tramite l'osservazione delle famiglie durante un'attività e la distribuzione di questionari. Nell'ambito di questa campagna ho potuto dare un contributo diretto creando un'attività da svolgere con le famiglie, con lo scopo di valorizzare il ruolo della donna all'interno della casa e della società. Molto spesso, dai dati raccolti, risulta infatti che sono le donne, pur lavorando anch'esse fuori dalla casa, ad occuparsi delle faccende domestiche e della cura dei bambini semplicemente perchè "così è stato insegnato" o "così deve essere". Attraverso le attività svolte all'interno di questa campagna si mira essenzialmente a sottolineare l'importanza della corresponsabilità dei ruoli tra uomini e donne nella cura dei bambini e della casa e la valorizzazione del doppio lavoro delle donne all'interno della società.

Alla fine di questo primo mese di stage ho potuto partecipare ad una fiera, in una delle piazze principali di Cochabamba, dove si sono riunite le imprenditrici della rete nazionale di donne imprenditrici, appoggiata dall'IFFI. Ognuna di esse ha venduto le proprie produzioni, vendendo oggetti tra i più variati, dalle collane ai prodotti alimentari, dagli oggetti decorativi a maglie in pura lana di alpaca, dai tessuti ai giochi per bambini, mostrando così il talento delle donne. Punto centrale della fiera è stato il marchio commerciale della rete, "Munama", che raccoglie i migliori prodotti (selezionati secondo qualità, disegno, finitura ecc.) venduti dalle imprenditrici durante tutto l'anno in un negozio nel centro di Cochabamba. L'IFFI appoggia la rete offrendo assistenza tecnica alle donne imprenditrici in modo che possano valorizzare al meglio i loro prodotti per offrirli al mercato e contribuire allo sviluppo economico della loro comunità e del Paese.

Questo primo mese di lavoro è stato molto produttivo e intenso, e sono sicura che attraverso questo stage potrò imparare molto, dal punto di vista professionale e umano.



martedì 29 maggio 2012

illimani


Questo fine settimana ho potuto finalmente visitare La Paz, e l'ho amata dal primo minuto!
Mentre riordino le idee per il prossimo post, dove scriverò le impressioni del mio primo mese di lavoro, ecco una foto dell'Illimani, scattata da El Alto, e una veduta sulla città di La Paz.




(L'Illimani è, con i suoi 6462 m, la montagna più alta della Cordillera Real e sovrasta La Paz.)